iWatch: Apple deposita il trademark anche in Turchia, Taiwan e Messico

di Redazione 1

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Se ancora non siete convinti che Apple stia per lanciare uno smartwatch, le notizie di questi giorni potrebbero farvi cambiare idea. Dopo la Russia e il Giappone, pare infatti che anche Taiwan, Messico e Turchia siano ora paesi nei quali la compagnia di Cupertino ha registrato il trademark per il nome iWatch.

Solo ieri vi avevamo raccontato di come, lo scorso 2 giugno, Apple aveva depositato la richiesta per ottenere il trademark sul termine iWatch in Giappone. In precedenza si era parlato di una richiesta simile, per la Russia, e ora 9to5mac ha scoperto che una simile richiesta è stata effettuata anche in Taiwan, Messico e Turchia.

A rendere particolari questi docuemnti di trademark è il fatto che Apple abbia scelto di effettuare la richiesta facendo comparire il proprio nome. In Messico, benché il trademark sia stato richiesto tramite la compagnia Arochi, Marroquìn & Linder (che ha già collaborato con Cupertino in passato per altri trademark), l’identità del reale richiedente – Apple – compare sul documento.

Si è cominciato a parlare di iWatch nel tardo 2012, mentre la comparsa di un brevetto firmato Apple riguardante proprio uno smartwatch ha tenuto caldo l’interesse verso il dispositivo mentre testate come Bloomberg sostenevano, lo scorso febbraio, che Apple avesse un team di 100 ingegneri al lavoro sul progetto, che dovrebbe essere presentato al mondo entro la fine dell’anno.

iWatch potrebbe montare, stando alle voci di corridoio, un display OLED da 1,5 o 2 pollici, e utilizzare una serie di sensori biometrici per tenere controllate le attività dell’utente e certificarne l’identità, preservandone i dati personali. Di recente l’analista Ming-Chi Kuo, che lo scorso anno aveva correttamente predetto le tempistiche per il lancio dei nuovi MacBook, ha spiegato che iWatch non sarà disponibile fino al 2014.

Si tratta, come sempre, di rumor e indiscrezioni, ma il fatto che Apple stia depositando trademark in tutto il mondo potrebbe essere non solo l’indizio che qualcosa sta davvero bollendo in pentola, ma anche un modo per dire agli investitori: “Noi ci siamo ancora”.

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