Se avete letto tutte le puntate precedenti, ormai sarete più esperti del sottoscritto riguardo al mondo p2p. Questa domenica, rimandando a data da destinarsi un noioso approfondimento sulla legislazione italiana ed europea, vogliamo parlarvi del concetto di illegalità, visto però con gli occhi del mondo degli “addetti ai lavori“: il tutto, come sempre, non ha l’intenzione di invogliare a passare dalla parte del torto ma piuttosto quella di far conoscere questo mondo tanto affascinante quanto illegale.
Permetteteci, anche questa volta, solo una piccola precisazione prima di iniziare: tutto quello che leggerete nel presente articolo non contiene riferimenti a team o persone in particolare poiché questo “mondo” ambisce alla totale segretezza dei membri e del “lavoro” svolto. Pertanto nell’articolo ogni riferimento a persone o cose è puramente casuale e frutto di fantasia.
Tutto quello che avete letto fino ad oggi, e che leggerete nelle successive puntate, è una descrizione volutamente generalista, ma, si è voluto dare visibilità ad argomenti di proposito tenuti nascosti e quindi, passateci il termine, “underground“. Tutto questo mondo, come spesso ribadito, tiene alla totale segretezza per poter sfuggire alla legislazione, ma il p2p puro, invece, è tutto alla luce del sole: volutamente certo, altrimenti non si potrebbe parlare di p2p.
Wikipedia ci viene in aiuto definendo il peer-to-peer (o P2P) come una rete di computer o qualsiasi rete informatica che non possiede client o server fissi, ma un numero di nodi equivalenti (peer, appunto) che fungono sia da client che da server verso altri nodi della rete. Anche se avete capito poco da questa definizione da manuale, è chiaro come il p2p si basi su computer connessi in una rete: se tutto ciò fosse prevalentemente privato, capite anche voi che sarebbe una realtà nascosta e misteriosa, come avviene per il “mondo professionale” del filesharing.
Poiché tutto è alla luce del sole è palese ed evidente che la “Legge“, o che ne fa le veci, abbia sotto controllo la situazione attuale e l’evoluzione. È chiaramente impossibile arginare questa piaga, poiché purtroppo di piaga si tratta, anche se in passato, ma ancora ogggi, sono stati fatti dei seri tentativi: i più anziani tra voi ricorderanno Napster, forse una delle prime realtà di p2p pubblico, che ha fatto una fine ingloriosa.
Il p2p nasce dal concetto che tutto quello che è condivisibile tramite la rete, è da dover condividere: così facendo però si ledono i diritti d’autore e si colpisce la proprietà intellettuale. Lungi da me farvi il panegirico su questi argomenti: vorrei solo proporvi un piccolo quesito. Se passaste tutta una vita cercando di creare qualcosa e alla fine ci riusciste, non vorreste riceverne i frutti? Oppure credete che quello che avete creato, sia esso un libro o una canzone, debba circolare liberamente senza potervi dare un ritorno economico? Bene, alla base dei pionieri del p2p c’è proprio quest’ultima idea; idea che forse ora è stata portata un po’ troppo alle corde.
La benevolenza della Legge riguardo al p2p è evidente, ma, ciò non deve trarre in inganno: si cerca di colpire i pesci grossi, certo, ma a volte in controlli “di routine” viene interessato pure l’utente “normale”. I veri controlli e “appostamenti” vengono rivolti al mondo professionale per colpire alla radice il mondo del p2p: infatti, non fare arrivare materiale di qualità e diminuirne anche la quantità, è un modo per arginare la piaga. È per questo che il mondo p2p, anche nelle realtà più semplici, tende a formare comunità chiuse e private per tutelarsi: da questo concetto nasce l’idea dell’underground.
Per certe realtà l’idea dell’underground è una necessità; per altre, forse per quelle più semplici, è un modo per vantarsi e per sentirsi dei fuorilegge. Purtroppo per quanto riguarda l’Italia, queste comunità underground sono dominate dalla cafonaggine di cui abbiamo già parlato nei precedenti articoli: chi detiene il controllo (o meglio il comando) si sente padrone e spesso il clima che si respira non è dei più accoglienti. Sulla sua testa spesso grava la piena responsabilità poiché permette lo scambio di file tramite la “sua” rete ma allo stesso tempo è sempre in cerca di nuovi utenti proponendo, appunto, la sua rete; nel mondo definito “professionale” sapete bene invece che è tutto segretissimo.
Dunque, il p2p, visto dagli occhi del “gestore” o dell’utente, ha il pieno diritto di esistere in quanto tutto ciò che la rete permette di condividere, deve essere condiviso; al contrario la Legge ha il compito e il dovere di non dover permettere questa situazione. Il p2p vivrà parecchio tempo ancora, magari non morirà mai; l’augurio che ci facciamo è che nuove forme di vendita dei prodotti digitali unite a un prezzo competitivo possano permettere anche allo studente squattrinato una scelta ragionata: stare alla luce dalla parte della legalità a un piccolo prezzo oppure stare “nelle tenebre dell’underground” ed avere prodotti digitali di qualità inferiore ma gratuiti.
La prossima puntata torna a essere più tecnica e parleremo del mondo dei “torrent“.
Resta inteso che tutto questo non è e non sarà un incitamento alla pirateria informatica in nessuna delle sue forme. Riteniamo però corretto, a scopo meramente informativo, rendere partecipi i nostri lettori a un mondo tanto particolare quanto illegale come quello del p2p nelle sue varie espressioni.
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