Caricatori Made for iPod e iPhone: MintyBoost svela “il trucco”

di Redazione 9

La dicitura Made for iPod o Made for iPhone che le aziende di accessori per iDevice possono stampigliare sulla confezione dei propri prodotti non è un semplice marchio senza significato. Il prezzo della licenza pagata ad Apple per ottenerlo è giustificato dall’accesso ad una serie di specifiche tecniche che permettono effettivamente al dispositivo di funzionare con iPhone e iPod in piena compatibilità.

Lady Ada, hackeressa e madrina del progetto Minty Boost, caricatore d’emergenza USB Open Source, ha effettuato il reverse engineering di un caricabatterie di emergenza della Griffin compatibile con gli ultimi modelli di iPhone e iPod, scoprendo quale stratagemma elettrico viene utilizzato da Apple per identificare gli accessori compatibili.

Ecco qualche dettaglio tecnico. In un comune cavo USB trovano spazio 4 fili, corrispondenti a quattro pin nella presa: Ground (Terra), Data 1, Data 2 e +5V. Normalmente sono sufficienti i 5V e il GRND per sfruttare i 5V della connessione, ma nel caso di Apple anche i due pin D1 e D2 vengono utilizzati al fine di identificare il tipo di collegamento attivo (presa a muro USB con adattatore, computer o accessorio di carica esterno).

Nel caso specifico dei caricatori esterni di emergenza a pile, categoria a cui appartiene anche il Minty Boost, Apple ha previsto una configurazione particolare che permette all’iPhone di succhiare meno corrente e di accettare come compatibile l’accessorio. Lady Ada insegue le variazioni di specifiche per questo tipo di prodotti ormai da anni ed è sempre riuscita a bypassare le restrizioni.

Nel caso degli iPhone più recenti stava per darci su, perché sembrava che il Minty Boost proprio non volesse funzionare. L’iPhone pretendeva di succhiare un Ampere dal caricatore, ma il Minty Boost, funzionando a pile, non aveva modo di fornirlo, innescando di conseguenza un messaggio di incompatibilità sull’iPhone.

Per risolvere l’arcano c’è voluto il reverse engineering di un caricatore compatibile della Griffin, che ha permesso di scoprire il trucchetto: una piccola resistenza piazzata in serie sui pin di trasmissione dei dati che fa arrivare 2V su D1 e D2 “comunicando” all’iPod/iPhone di turno di accontentarsi di una carica di mezzo Ampere.

Grazie alla scoperta ora Minty Boost funziona di nuovo con tutti i dispositivi Apple. Se siete in vena di smanettare un po’ con salda-stagno, condensatori e resistenze, potete ordinare il kit da montare direttamente da questa pagina. Nel video qui sopra Lady Ada spiega un po’ meglio tutto il procedimento. In questa pagina trovate invece tutti i dettagli da veri Geek.

Commenti (9)

  1. Sono l’unico che vede in certi comportamenti ,di Apple come di altri, una sorta di espediente di basso livello per fregare soldi alla gentre?
    Posso capire che si diano delle specifiche e che queste ,se rispettate,determinino la compatibilita’ di un prodotto verso un altro, ma che si usino artifizi simili per IMPEDIRE che un produttore terzo dia un servizio a costo minore e’ solo da fetenti.
    Qui si parla di caricabatterie,auricolati,custodie…non di hardware specifico.
    E’ solo un mezzuccio per fare soldi sulla gente senza dare alcun valore aggiunto.
    A me pare che,almeno eticamente,questo modo di fare sia molto biasimevole.

  2. Ma smettiamola, una resistenza che diventa un segreto industriale la dovevo ancora sentire…

  3. Apple ci guadagnerà pure qualcosa dalle licenze Made For iPod/iPhone ma in realtà quella è una mera tassa d’entrata (le licenze sono una fonte di revenue infinitesimale rispetto ad altro) per assicurare che chi paga offra un certo livello qualitativo e che soprattutto possa usare un marchio registrato da altri su un proprio prodotto. Questo evita la diluizione del brand ed evita soprattutto che qualcuno possa saltar fuori arrabbiandosi con Apple se il caricabatterie della Scrausi Technology gli ha schiantato il connettore dock dell’iPhone.

    Il succo è quello, ed è più il controllo (dell’ecosistema, della user experience) che il profitto. Io sono un fan sfegatato degli hacker come Lady Ada e tutta la compagine più tech di Make, ma in questo caso non sono molto d’accordo su quel che dici, anche perché poi non è quello il loro obiettivo. Bypassare il controllo, eluderlo e farti vedere che sono più bravi, quello è ciò che vogliono gli hacker come la lLady qui su. Un po’ come il jailbreak. E come per il jailbreak c’è sicuramente chi pensa “e vai, roba che costa meno/e vai roba gratis, in c. a Apple”, ma non è di sicuro questo ciò che muove gli hacker (e le hackeresse) che si interessano di questi progetti.

    :)

  4. Certo che tradurre “give up” con “darci su”…

  5. @ Dani:
    Dalle mie parti “darci su” è un gergalismo più che accettato e diffuso, è decisamente nell’uso comune con il significato di “lasciar perdere”.
    “Dacci su, non puoi vincere contro di lui”. “L’esame era troppo difficile, ci ho dato su”.
    Anzi mi hai fatto notare tu il curioso parallelo con l’inglese, chissà se davvero deriva da quello…
    (ma non credo perché le versione dialettale qui da me è parecchio vecchia, la usano molto anche gli anziani).

  6. @ Camillo Miller:
    Non avevo mai sentito ‘sto modo di dire, forse avete avuto qualche occupazione alleata verso la fine della 2a guerra nella tua zona.

  7. A bologna è usato correntemente.
    Dargliela su= lasciar perdere.

  8. Anche io ho pensato subito a una traduzione frettolosa;)
    Devo dire che anche salda-stagno mi puzzava un pochino…

  9. Non è un trucco di Apple, sono le specifiche dello standard USB per i caricatori, sono pubbliche: http://www.usb.org/developers/devclass_docs/Battery_Charging_V1_2.zip

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