Caso e-book, i cinque editori contro il Dipartimento di Giustizia

di Giordano Rodda Commenta

Com’è d’altronde più che giusto per una vicenda che al suo cuore ha i libri, la storia del processo ad Apple per il cartello e-book si arricchisce ogni giorno di nuovi particolari e colpi di scena. L’ultimo in ordine di tempo arriva dopo la richiesta da parte del Dipartimento di Giustizia di estromettere per anni Cupertino dalle contrattazioni per il mercato del libro elettronico, a cui cinque grandi editori (sì, sempre loro) hanno opposto un netto rifiuto.

Hachette


HarperCollins, Hachette, Simon & Schuster, Random House e MacMillan sono infatti convinte che l’addio di Apple agli accordi commerciali speciali nell’editoria significhi soprattutto l’abbandono dell’agency model. Secondo i legali delle cinque compagnie, in questo modo le politiche di prezzo di Apple non verrebbero in alcun modo alterate, ma proprio gli editori finirebbero col pagarne le conseguenze: in altre parole, il governo finirebbe con l’imporre di fatto il wholesale model, praticato da Amazon prima che Apple entrasse nel mercato sparigliando le carte. L’agency model è molto più conveniente per gli editori – che possono fissare direttamente il prezzo in modo che non vengano danneggiate le vendite delle versioni cartacee – e HarperCollins e le altre non vogliono gettare a nessun costo il bambino con l’acqua sporca.
Da parte del Dipartimento di Giustizia si tratterebbe di un’ingerenza piuttosto grave, soprattutto tenendo conto che lo stesso DoJ ha ripetutamente negato un suo ruolo attivo nel definire il paludoso futuro commerciale dei rapporti tra editoria e informatica. I cinque editori, oltretutto, hanno già patteggiato.
Pochi giorni fa, Apple aveva reagito con forza a queste misure definite «draconionane e sproporzionate», che invitavano anche a reintrodurre i link diretti ai rispettivi store nelle applicazioni di terze parti.

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