“Inside Apple”: Fortune racconta i “segreti” Apple

di Redazione Commenta

Scoprire cosa accade nel campus di Apple è difficile. La compagnia di Steve Jobs mantiene un alto livello di segretezza non solo sui dispositivi che produce, ma anche sulle politiche interne e sul funzionamento delle strutture aziendali. Ecco perché è stato accolto con grande interesse l’articolo di Adam Lashinsky pubblicato nell’ultimo numero di Fortune (disponibile anche in versione per iPad), che grazie a centinaia di interviste con ex dipendenti Apple ha potuto scoprire alcune interessanti vicende riguardo Jobs e la vita lavorativa di Infinite Loop.

Gestione del fallimento MobileMe

Ricordate ad esempio il (disastroso) passaggio da .Mac a MobileMe? Il servizio era stato presentato in pompa magna, ma una volta avviato aveva dato non pochi problemi. La sincronizzazione era lenta e i server non erano sempre disponibili. Jobs avrebbe allora chiesto ai dipendenti addetti alla questione, tutti riuniti presso la Town Hall al 4 di Infinite Loop: “Qualcuno può spiegarmi cosa dovrebbe fare MobileMe?”. Dopo avere ricevuto una risposta soddisfacente avrebbe quindi aggiunto: “E allora perché c***o non lo sta facendo?”.

Il problema principale era per Jobs il danno di immagine provocato dal lancio fallimentare di MobileMe, fino ad esplicitare che “[Walt] Mossberg, il nostro amico, non scrive più buone cose su di noi”.

La parabola dell’inserviente e del VP

Jobs, si legge, terrebbe anche un particolare discorso con tutti i nuovi VP di Apple per fare loro capire la differenza tra un addetto alle pulizie e un Vice-President. Scrive Lashinsky nel suo articolo:

Jobs immagina che l’immondizia non sia stata svuotata nel suo ufficio, e quando chiede all’addetto alle pulizie una spiegazione, lui trova una scusa: le serrature sono state cambiate e lui non ha più la chiave. Si tratta di una scusa accettabile da parte di qualcuno che svuota i cestini per guadagnarsi da vivere. L’addetto alle pulizie può arrivare a spiegare perché qualcosa è andato storto. I Senior no. “Quando sei l’addetto alle pulizie i motivi importano. Da qualche parte tra l’addetto delle pulizie e il CEO, le ragioni smettono di avere importanza. È il Rubicone, e viene attraversato quando diventi un VP”.

Questa “parabola” fa il paio con la grande importanza della responsabilità all’interno dell’azienda. L’accountability, la possibilità di individuare sempre e comunque un individuo responsabile di un qualsivoglia progetto è un meccanismo formalizzato e codificato. DRI è l’acronimo specifico che viene utilizzato all’interno dell’azienda proprio per indicare il Directly Responsible Individual. Quello che quasi certamente ci rimetterà il posto se qualcosa va pesantemente storto (o che al contrario beneficerà di più se il progetto è un grande successo).

Altri dettagli (che contano)

Come riassunto da Apple 2.0 nell’articolo si trovano tante altre interessanti chicche. Ad esempio si scopre che Jobs incontra tutti i lunedì i membri dell’esecutivo per rivedere i progetti importanti e il mercoledì tiene meeting per il marketing e la comunicazione. L’idea e il feeling di un prodotto ideato da Jobs vengono condivisi con tutta la compagnia anche se solo il 10% dei dipendenti ha mai visto Steve Jobs di persona. Il dirigente che si occupa dell‘Apple Store Online non ha alcun potere decisionale sui contenuti e sulle immagini, tutto viene accuratamente scelto, fotografato ed elaborato dal team grafico interno di Apple.

C’è infine un particolare che può intristire i fan dell’iCeo, ma che la dice lunga sulla sua capacità di guardare avanti. Jobs ha assunto il decano della Yale School of Management, Joel Podolny, per dirigere la Apple University, un team di veterani di Harvard e altri esperti di economia assoldati per studiare Apple e scrivere case studies che preparino i dipendenti su varie tematiche interne, compreso l’avvento dell’era post-Jobs. Gli studi effettuati si concentrano sulla cultura della compagnia e le recenti iniziative della stessa, e sono poi esposte agli impiegati da importanti membri dell’esecutivo, come Tim Cook e Ron Johnson. Lo scopo di Steve Jobs è quello di riuscire a codificare quel suo metodo più unico che raro, al fine di rendere la transizione da una Apple di Jobs ad una Apple post-Jobs il più “seamless” possibile.

Se volete leggere l’intero articolo non dovete fare altro che scaricare l’app di Fortune da App Store e acquistare l’ultimo numero (o aspettare che il contenuto venga pubblicato online sul sito di Fortune).

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