Nel cestino la causa contro Apple sulla privacy e il GPS

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Il giudice Lucy Koh, nota per avere già seguito la causa Apple VS Google anche durante le ultime settimane, ha gettato nel cestino una causa legale mossa contro Apple. Secondo l’accusa, Apple avrebbe raccolto dati riguardi alla geolocalizzazione di iPhone e iPad anche quando la relativa impostazione era disattivata.

Reuters, che riporta la notizia, sostiene che il giudice Koh non fosse affatto convinto delle prove portata dall’accusa:

Gli accusatori devono essere in grado di mostrare qualche prova che hanno assistito ad uno o più utilizzi scorretti delle funzioni, che questi siano avvenuti, e che loro siano stati danneggiati.

Gli accusatori sostenevano che l’azienda di Cupertino violasse la sua stessa privacy policy, raccogliendo illegalmente dati. Il caso in questione fa parte di un vero e proprio movimento che include 19 cause collegate tra loro. Questa causa, inizialmente depositata nel 2011, è stata una delle prime riguardanti privacy e geolocalizzazione utilizzata contro Apple e i giganti della Silicon Valley.

Apple ha passato già diversi guai legati alla privacy degli utenti. Prima si è scoperto che iPhone salvava, in un file non criptato, tutte le posizioni assunte da un dispositivo, ottenute tramite la triangolazione delle celle telefoniche. Poi applicazioni come Path avevano tradito la fiducia degli utenti, pescando a piene mani nella rubrica degli utenti senza chiederne il permesso. Ora iOS 7 traccia tutte le posizione di un telefono, ma permette di disattivare la funzione.

Il timore che la propria privacy venga violata è salito alle stelle la scorsa estate, quando si è scoperto il progetto PRISM della National Security Agency statunitense. L’agenzia, che si occupa di sicurezza nazionale, pare abbia accesso a tutti i data center delle maggiori aziende informatiche statunitensi e, di conseguenza, anche sulla localizzazione geografica dei dispositivi che queste aziende producono.

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