
La “debacle” di Final Cut Pro X ha riportato in auge una vecchia discussione sul presunto disinteresse di Apple verso il mercato comunemente definito professionale. A Cupertino, si dice, sono molto più interessati a macinare denaro creando prodotti per le masse e sentono ormai come un peso inutile tutto l’apparato dei software professionali destinati a vari settori. Il tentativo in corso, quindi, sarebbe quello di consumerizzare, se mi passate il termine, anche il mercato professionale, dato che vendere 100.000 copie di una specie di iMovie Pro a 299$ è sicuramente più facile e più redditizio che vendere 10.000 copie di un eventuale Final Cut Studio 4 a 1000$.
A rincarare la dose con queste ed altre considerazioni ci pensa Ron Brinkman, developer del software di image compositing Shake, tool professionale acquisito da Apple e “terminato” nel 2009 nonostante la sua storia di successo in ambito professionale. La tesi di Brinkman è che in fondo, ad Apple, dei professionisti ormai gliene frega ben poco.