Tim Cook, il profilo sul New York Times

di Redazione 1

Il New York Times ha pubblicato un interessante profilo di Tim Cook. Il Chief Operative Officer di Apple ha preso ancora una volta le redini mentre l’iCEO è assente per questioni di salute ed è dunque comprensibile l’attenzione mediatica verso colui che con ogni probabilità è destinato a diventare il prossimo Amministratore Delegato di Apple.

L’articolo è denso di particolari, ma in buona misura il succo si può riassumere in un a singola frase: Tim Cook è letteralmente devoto all’azienda ed è un instancabile genio del reparto operativo, anche se manca dello spirito creativo che invece contraddistingue Steve Jobs.

Jobs e Cook sono complementari e per alcuni versi hanno caratteri completamente opposti: tanto irascibile il primo quanto calmo e quasi incapace di alzare la voce il secondo. Cook, nato in Alabama, è un “gentleman” del Sud, sempre apparentemente calmo ma capace di gelare qualcuno con una semplice frase o un’occhiata gelida.

Nel commencement speak che ha tenuto presso la sua Auburn University la scorsa primavera (video qui sotto), Cook ha rivelato che la decisione di entrare alla Apple è stata la migliore della sua vita. E dalle sue parole trapela anche una smisurata ammirazione per Steve Jobs e il suo progetto:  “volevo lavorare per il genio creativo [Jobs] ed essere parte della squadra di dirigenti che avrebbe potuto risollevare le sorti di una grande azienda americana.”

E ancora: “a non più di cinque minuti dall’inizio del mio colloquio con Steve Jobs volevo gettare al vento la logica e le cautele e unirmi ad Apple”.

Paul Thurrot vede un’analogia fra Tim Cook e Steve Ballmer. Entrambi professionisti delle operazioni e delle vendite poco creativi ed entrambi chiamati a fare le veci del CEO fondatore e visionario. E non vale secondo Thurrot la giustificazione “i geni creativi sono gli altri (Ive, Forstall) lui deve solo pensare a mandare avanti la baracca al meglio delle sue possibilità”.

Ma se le somiglianze ci sono, si fermano qui. Anche perché, come giustamente fa notare Gruber, il problema di Ballmer non è tanto l’incapacità gestionale degli ultimi anni, quanto il fatto che nessuno si è preoccupato quando ha detto e fatto cose preoccupanti. Una su tutte: rispondere all’iPhone con una risata e una battuta sarcastica.

“Non preoccupiamoci di Tim Cook finché non comincerà a dire cose stupide“, conclude Gruber.

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