Apple VS Samsung, ecco cosa c’entra Susan Kare

di Redazione 2

Qualche giorno fa la Corte Californiana ha ufficializzato la lista dei testimoni del processo Apple VS Samsung. Fra i nomi spiccavano quelli di Phil Schiller, già parzialmente sentito, quello di Scott Forstall e quello di Susan Kare.
La designer, che faceva parte del primo, storico, Macintosh team e che ha poi avviato una fortunata carriera “solista”, è perito di parte per Apple. Le sue analisi, che ho potuto recuperare da alcuni documenti processuali parzialmente disponibili online, sono molto interessanti e saranno, con ogni probabilità, un’arma fondamentale nella strategia dei legali Apple.

Le analisi prodotte da Kare sono due. Una è una perizia di parte molto dettagliata che mostra come la teoria di Samsung secondo la quale l’interfaccia dell’iPhone (una delle questioni in ballo) non fosse affatto “ovvia” come i legali dell’azienda coreana vorrebbero dare ad intendere. L’altra è un “expert rebuttal”, ovvero una contro-perizia, in risposta alle analisi di un esperto assoldato invece da Samsung, Sam Lucenti (designer abbastanza noto che ha guidato il restyling del corporate design di HP sotto Mark Hurd).

In entrambi i casi Kare porta ad esempio un buon numero di prodotti della concorrenza che, a differenza di Samsung, non avrebbero “spudoratamente copiato” l’interfaccia dell’iPhone, a riprova che quel trade-dress che Apple ha protetto con due brevetti specifici, è in effetti valido ed esclusivo.

Il Nokia N9 e il Blackberry Storm 2, ad esempio, utilizzano una disposizione delle icone a griglia, proprio come l’iPhone, ma lo fanno modificando un numero tale di elementi e caratteristiche da influire sensibilmente sull’aspetto generale dello sfondo.

Quanto alla forma delle icone, sempre il Nokia N9 è preso ad esempio di telefono che, pur mantenendo un fattore di forma analogo a quello dell’iPhone non ricorre ad icone quadrate dai bordi leggermente stondati, ma utilizza icone più stereotipate dalla forma che tende quasi alla circolarità dell’elemento grafico.

E ancora, sempre un BlackBerry, il Torch 9850, che utilizza comunque una griglia di icone, lo fa con risultati sostanzialmente differenti dall’aspetto dell’iPhone, utilizza gran parte dello schermo, in alto, per delle barre di notifica, tende a suddividere lo spazio dello schermo in sezioni rettangolari con angoli più vivi, come già anche il modello Storm 2, in questo simile al Sony Ericsson Xperia Arc S.

Sam Lucente, nella sua perizia, aveva provato a dimostrare che la forma delle icone nella griglia e in un Dock sono forzate da ragioni di usabilità. Nessuno vieta, secondo Kare, di riservare al tocco un’area più ampia attorno all’icona. Il fatto che l’icona debba corrispondere all’area “tappabile” non è affatto un obbligo, insomma. A dimostrazione, altri due esempi: un telefono Pantech e ancora un Sony Xperia.

Ed infine, si legge sempre nelle perizie di Kare, non è neppure vero che la disposizione a griglia sia una sorta di automatismo condiviso. TouchWiz ha preso a piene mani dall’esperienza iPhone, mentre altri produttori continuavano a sperimentare con altre modalità di interazione (di cui oggi le “tiles” di Windows Phone sono certamente l’esempio più lampante). Anche in questo caso Kare ha prodotto due esempi per illustrare il proprio punto.

La testimonianza della designer al processo, da quel che si può dedurre dai documenti che qui vi ho molto sommariamente riassunto, sarà quindi una delle più interessanti. Resta da capire se queste “sfumature”, qui rese evidenti da esempi pratici di vario genere, saranno sufficientemente chiare da poter essere comprese da una giuria di estrazione variegata che si presume non abbia nessun background nel campo del design delle interfacce.

I documenti processuali sono disponibili qui.

 

 

 

 

 

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