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Abusi e sfruttamento, Foxconn nega

Il produttore elettronico taiwanese Foxconn, fornitore di Apple, Dell, Hp e altre grandi aziende è di nuovo al centro dell’attenzione dopo la pubblicazione da parte dei media cinesi e occidentali di un report che accusa l’azienda di sfruttare i lavoratori attraverso l’organizzazione militaresca del lavoro e di abusi ai loro danni.
Lo studio è stato condotto da una ventina di università della Repubblica Popolare, di Taiwan e Hong Kong intervistando un campione di 1700 operai che hanno lavorato o lavorano per la Foxconn. Secondo questa analisi le condizioni di lavoro all’interno degli stabilimenti del grande produttore elettronico non sarebbero affatto migliorate dopo l’ondata di suicidi che li ha colpiti nel corso della prima metà dell’anno.

Il gruppo Hon Hai, la megaconglomerata di cui Foxconn fa parte, ha risposto con fermezza e sostiene che quelle mosse dal gruppo di studiosi che hanno patrocinato la ricerca sono solamente “accuse non circostanziate”.

Con un comunicato l’azienda ha fatto sapere che: “Foxconn Technology Group rigetta categoricamente e con vigore i report pubblicati dai media Cinesi e Internazionali attribuiti ad alcune ricerche di accademici e studenti che accusano Foxconn di abuso sui lavoratori, di mettere in atto pratiche di lavoro illegali e di scarsa sicurezza all’interno delle fabbriche in Cina”.

L’associazione SACOM (Students & Scholars Against Corporate Misbehavior) sostiene che gli stipendi per i dipendenti della maggior parte delle fabbriche di Foxconn a tutt’oggi superano appena il livello minimo nonostante l’azienda avesse promesso una tornata di aumenti. Per di più Hon Hai avrebbe proceduto ad assumere un gran numero di studenti “stagisti” sottopagati, meglio sfruttabili in quanto non protetti dagli accordi validi per gli operai, al fine di ridurre i crescenti costi della manodopera che quest’anno avrebbero inciso pesantemente sui profitti del gruppo.

Hon Hai ha negato anche queste accuse, sostenendo che solamente il 7,6% della forza lavoro è costituita da studenti lavoratori. La SACOM tuttavia ritiene che parte della colpa vada attribuita anche ai clienti del produttore e offre una soluzione forse un po’ troppo semplicistica: “Apple e altri marchi dovrebbero aumentare il prezzo unitario per permettere ai produttori di sopravvivere e allo stesso tempo fornire ai lavoratori che creano i loro prodotti uno stipendio che consenta di vivere meglio”.

Redazione

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