Siri, Google Now e Cortana sono ad oggi gli assistenti virtuali di spicco della categoria di riferimento. Tre servizi, tanto differenti quanto simili tra loro, che hanno di fatto aperto una nuova era nel modo di interfacciarsi con il proprio dispositivo elettronico. Chris Brauer, docente dell’Università di Londra, in un articolo pubblicato sul portale TheNextWeb.com ha parlato di Project Virtual Assistant: una ricerca frutto della collaborazione tra l’Institute of Management Studies della Goldsmiths, University of London e la global media agency Mindshare. Brauer spiega di aver lavorato insieme a dodici consumatori in un focus group per sei settimane, intervistando esperti in materia come Rashik Parmar, presidente di IBM Academy of Technology e Sally Annereau, data protection analyst presso la ditta legale Talyor Wessing. Inoltre, sono state raccolte le opinioni del pubblico britannico circa le tecnologie sugli assistenti virtuali.
La ricerca ha confermato che al momento il fenomeno è particolarmente diffuso su smartphone, per merito ovviamente di Google Now, Cortana e Siri. Ma è destinato a espandersi molto presto: la crescita del mercato dei dispositivi indossabili sarà importante in questo senso e il prossimo passo sarà quello di dipendere sempre meno dall’hardware. Brauer spiega che l’intelligenza degli assistenti virtuali verrà gestita tramite server cloud e resa al centro delle vite di tutti i giorni su device multipli, che siano mobile, in ufficio, a casa o addirittura nel proprio veicolo. Non a caso, l’81 percento degli intervistati ha fatto sapere di preferire un assistente che possa essere controllato con la voce, a ulteriore dimostrazione che l’hardware è destinato a passare in secondo piano. Focus primario deve essere il servizio offerto.
L’assistente virtuale del futuro, secondo il pensiero del docente britannico, riuscirà a imparare passo passo desideri e necessità dell’utente. Brauer parla addirittura di un percorso inevitabile verso una sorta di condizione “post-umana”, in cui consumatori e tecnologia AV non siano più separati e distinti, ma unificati come se fossero un elemento soltanto. Il 2 percento degli intervistati prevede infatti in tal senso che le interazioni con gli smart assistant potranno svolgersi anche attraverso dispositivi più “intimi” come un auricolare ma, secondo il docente, ci si può aspettare anche la nascita di soluzioni da impiantare nel corpo in maniera permanente. Una visione certamente affascinante da un certo punto di vista ma, al contempo, forse anche particolarmente inquietante.
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