Google al fianco di Apple nella battaglia contro l’FBI

di Giovanni Ferlazzo Commenta

Sundar Pichai, CEO di Google, si dice preoccupato dalle richieste avanzate dall'FBI nei confronti di Apple per recuperare i dati conservati nello smartphone dell'attentatore di San Bernardino.

La dura e delicatissima battaglia tra Apple e FBI ha diviso il mondo in due fazioni: chi ritiene che il colosso di Cupertino dovrebbe accettare le richieste della Casa Bianca e permettere l’accesso ai dati cifrati di un iPhone 5c che era in possesso da uno degli attentatori di San Bernardino, che ha provocato 14 vittime lo scorso dicembre; altri ritengono invece che questa richiesta che di fatto, come ha spiegato Tim Cook, si tradurrebbe nella nascita di una sorta di sistema operativo alternativo capace di aggirare importantissime funzioni di sicurezza su qualsiasi terminale, rischia di creare un pericoloso precedente. A sposare questa tesi c’è anche Google, uno dei più grandi rivali di Apple, che si esprime attraverso il CEO Sundar Pichai su Twitter.
Sundar Pichai CEO Google

L’amministratore delegato del colosso di Mountain View divide il suo cinguettio in cinque parti per ragioni di spazio. In sintesi, Pichai sostiene subito la durissima lettera pubblicata da Tim Cook, spiegando che forzare le società a superare i controlli più importanti di sicurezza potrebbe compromettere la privacy dei consumatori. Poi aggiunge:

Noi costruiamo prodotti in grado di mantenere al sicuro le vostre informazioni e consentiamo alle autorità l’accesso a quei dati solo basandoci solo su direttive legali. Ma è un discorso totalmente diverso dal richiedere alle società di abilitare la possibilità di violare la protezione sui dispositivi e sulle informazioni degli utenti. Potrebbe diventare un pericoloso precedente.

La preoccupazione comune, non solo in casa Apple ma anche presso i principali esperti di sicurezza informatica, è che questa richiesta possa scatenare una inevitabile reazione a catena: cosa impedirebbe poi ai governi di chiedere la stessa cosa per altri dispositivi di altre società? Se la sicurezza delle informazioni personali venisse davvero messa a rischio così facilmente, i consumatori sarebbero certamente preoccupati. E allora si capisce perché, di fronte a una questione molto delicata come questa, nessuno teme di mettersi al fianco di Apple, che si oppone con fermezza alla decisione di una corte federale californiana la quale, fa sorridere, si basa su una legge del 1789. La lotta al terrorismo è sacrosanta, ma a quale prezzo?

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